venerdì 20 marzo 2015

Lotta: OK a Palermo la fase nazionale Coppa Italia




Successo di partecipazione al Centro sportivo Coni della fase nazionale Coppa Italia di Lotta libera, Under e Over 18
Un successo con oltre 150 lottatori da tutta la Penisola, la fase nazionale di Coppa Italia di lotta SL. Gli organizzatori dell'Accademia Scuderi hanno voluto ringraziare il Cus dell'ospitalità in una palestra tribunata "agibile" ad un prezzo ridotto rispetto a quelle comunali, ottenibili tra l'altro dopo lunghe trafile burocratiche... Ecco, fra i tanti vincitori in gara nei vari pesi, i risultati di maggior rilievo: tra gli Under 18, affermazione di Davide Giordano, kg 69 (Accademia Atletica pesante Enzo Scuderi Palermo), mentre, tra gli Over 18, kg 70, primo Angelo Costa (Fiamme Oro Roma) davanti a Ignazio Ligotti (Accademia Atletica pesante Enzo Scuderi Pa); kg 97, primo Marco Carcea (Mandraccio Genova) davanti al titolato Stefano Trapani (Gruppo sportivo Termini Imerese). Da rimarcare che Davide Giordano, pur avendo avuto un grave infortunio alla gamba destra, ha voluto lottare di propria volontà ed ha ottenuto il primo posto superando il forte avversario Alessandro Scordato delle FF.OO.Roma. Sorprendente la prova di Ligotti (over), secondo, dopo un fermo di 3 anni esordiente in una categoria di peso che non è la propria.
          
I Vincitori uno per uno

Under 18 (Cadetti)

kg 42 Gabriele Piazza Palotto (Fiamme Oro Roma)

kg 50 Davide Amato (Lotta Termini Imerese)

kg 54 1°) Pio Michael Mira (Fiamme Oro Roma); 2° Antonio Pio Milici (C.A. Termini Imerese)

kg 58 Giuseppe Bisesi (G.S. Termini Imerese)

kg 63 Francesco Gaddini (Vigili del Fuoco Billi Pisa)

kg 69 Davide Giordano (Accademia Atletica pesante Enzo Scuderi Pa)

kg 76 Tommaso Ferrari (Polisportiva Mandraccio Genova)

kg 85 Jan Giuseppe Dallaira (C.A. Termini Imerese)

kg 100 Amad Ben Hassin (Club Atletico I picciotti)

Over 18 (Seniores)

Kg 57 Salvatore Mannino (Meeting Giarre Catania)

Kg 61 1° il palermitano Antonio Tagliavia (Mandraccio Genova 61); 3° Antonino Schettino
 (Accademia Scuderi Pa)

Kg 65 1° Massimiliano Chiara (G.S. Termini Imerese); 3° Luca Fragascio (Accademia Scuderi Pa)

Kg 70 1° Angelo Costa (Fiamme Oro Roma); 2° Ignazio Ligotti (Accademia Scuderi Pa)

Kg 74 Aron Caneva (Centro sportivo Roma Esercito italiano)

Kg 86 Zuz Tudor (Polisportiva Mandracchio Genova)

Kg 97 1° Marco Carcea (Mandracchio Genova); Stefano Trapani (G.S. Termini Imerese); 3° Francesco Mattaliano (Accademia Scuderi Pa)

Kg 125 Marco Tincari (Fiamme Oro Roma)

Classifica per Società: Fiamme Oro Roma; Gruppo sportivo Termini Imerese; Mandraccio Genova; C.A.Termini Imerese; Accademia Atletica pesante Enzo Scuderi Palermo; Meeting Giarre (Ct).

L’imperativo dovrebbe essere quello di non considerare “minori” gli sport olimpici e, per di più, classici. La lotta, in particolare, che ha visto Palermo e la Sicilia più volte ad altissimo livello, svolge una grande funzione sociale ed educativa. Si coltiva quasi sempre nelle zone popolari e nelle periferie, dando modo di educare il fisico e la morale al rispetto delle regole, della lealtà e della amicizia. Lo sport – e quello dilettantesco in particolare – è sempre una manifestazione di pace, una parentesi ludica che interrompe da sempre i ritmi frenetici della vita, gli interessi legati solo alla materialità dai quali occorre rifuggire.
“Facciamo il possibile – afferma il dirigente e tecnico Enzo Scuderi, organizzatore della manifestazione – per togliere, a volte letteralmente dalla strada e dall’ozio i ragazzi delle famiglie abbienti e meno abbienti. Devo rimarcare, però, la collaborazione ormai nulla delle istituzioni amministrative, in particolare la Regione e il Comune. Quest’ultimo non dispone a Palermo di palestre tribunate agibili per le manifestazioni. Tuttavia, anche in condizioni di agibilità giuridicamente assente o praticamente precaria, esse vengono assegnate solo dietro il pagamento di somme per i nostri sport assolutamente indisponibili”.


Lotta libera: Sicilia sempre sul podio


Al Trofeo delle Regioni di nuova istituzione l'Isola è terza fra le rappresentative di tutta Italia
La Sicilia si conferma regione di alto livello nel settore lotta, tornando onorevolmente dall’appuntamento fissato dalla Fijlkam nella sede romana della Federazione che ancora odora di nuovo. I siciliani sono riusciti ad acciuffare il gradino più basso del podio fra le più forti regioni d’Italia, sia pure in coabitazione con la rappresentativa della Liguria.
A metà dicembre 2014 è stata la squadra del Piemonte a vincere in effetti ad Ostia il Trofeo delle Regioni, l’attesa manifestazione che ha suggellato l’intera stagione agonistica. E’ stato ovviamente la splendida struttura del PalaPellicone, alla presenza del neo presidente Domenico Falcone, ad ospitare questa manifestazione di nuova ideazione, che vede in gara tutti e tre gli stili: Greco Romana Lotta Libera e Lotta Femminile per le categorie cadetti e Juniores. Hanno preso parte a questa edizione il Lazio, l'Emilia Romagna, la Puglia, la Liguria, il Piemonte, la Sicilia, la Campania e la Toscana.
Onore ala squadra del Piemonte che ha sollevato, quindi, per la prima volta l’ambito o il Trofeo. I dieci atleti piemontesi si sono imposti in finale sulla squadra della Campania, mentre le terze posizioni sono state conquistate a parti merito dalla Sicilia e dalla Liguria.
La rappresentativa della Sicilia, accompagnata dal responsabile regionale di settore Enzo Scuderi, era formata dai seguenti atleti: Marco Azzarello. Masimiliano Chiara, Federico Bordino, Sharon Pizzimenti, Mejja De Jesus Garcia, Gaetano Fhilip Paratore, Domenico Sanfilippo, Luca Tosto, Emanuele Majorana, Federica Giuffrida, Joan Sebastian Faraci.
"Ancora una volta - afferma Enzo Scuderi - con pochissimi mezzi ed impianti costosi e mal in arnese, riusciamo a ben figurare. Ciò che più conta è che facciamo sport fra il popolo e gli extracomunitari, come è chiaro anche dall'elenco dei selezionati. Non si faccia demagogia, non si dica che si vogliono aiutare queste categorie se poi noi veniamo abbandonati allo spontaneismo e in pratica al sacrificio personale di ciascuno di noi che pratichiamo questi sport puri. E ricordiamolo, si tratta di specialità olimpiche fra le più classiche".
Alto, sottolineiamo noi, è il valore educativo di questo sport che educa la forza fra regole e lealtà reciproca, mentre abitua gli atleti a forme di collaborazione e cameratismo, anche uomo - donna, che abbattono storiche barriere e incomprensioni.


Che lotta ragazzi - Campioni e speranze dell’Accademia Scuderi e della lotta siciliana - continuano i successi

Ivan Cardinale

A dispetto di difficoltà d’ogni genere, i successi nella lotta libera e greco romana continuano a “piovere” sulla palestra di Borgo  Nuovo. Alcuni giovanissimi talenti incoraggiano a proseguire nella attività dell’Accademia Scuderi.

Luca Mattaliano, 15 anni, è tornato da Ascoli, la sua prima trasferta importante, dove si è comportato da protagonista: 2° nella greco romana e 12mo nella libera.
Luca Mattaliano

“Non mi sento un talent scout – afferma il presidente Enzo Scuderi – ma alla luce di un’esperienza in materia di lotta che viene da tre generazioni, credo di poter dire quando intravedo la stoffa di un lottatore. Ed a Luca ho dato fiducia”.
Sono presenti i genitori del giovane atleta. Apprendiamo che erano contrari ad una trasferta così precoce, ma ora sono soddisfatti.
“Ho voluto insistere – dice Scuderi – perché avevo piena fiducia in Luca. Teniamo conto che si è cimentato contro avversari più grandi ed esperti di lui… Spero adesso che continui ad allenarsi e a maturare. Dico che saranno soddisfazioni per se stesso e per la società sportiva”.
Luca è di poche e sicure parole, mentre lo intervistiamo brevemente.
Perchè fai lotta?
“Seguo le orme di mio padre”.
Sacrifici?
“Quando c’è l’interesse personale, voglio dire la volontà, non ti pesa”.
A che età hai iniziato e con quale ritmo procedi?
“A 10 – 11 anni. Vengo in palestra circa cinque giorni la settimana studio permettendo e sono andato intensificando…”
Ma c’è uno specialista ancora più giovane ad aver raccolto successi recenti. E’ il mini Ivan Cardinale, appena 12 anni e 35 Kg di peso. Pochi rispetto ai 129 di Luca, che è già amico suo. Anche lui secondo il “maestro” ha talento. Anche lui deve insistere, perché c’è anche una categoria e un “peso” per lui. Ha mietuto i suoi primi successi sulla materassina: un rettangolo apparentemente troppo grande per lui, ma che, con gli anni potrebbe diventare sempre più piccolo.
La palestra ha tanti nomi da evidenziare. In testa a tutti quello di Giovanni Li Causi, che da anni affianca Scuderi in veste di aiuto allenatore. Hanno portato ad alto livello Giuseppe Isgrò, un nipote del maestro Scuderi che affianca il sempre presente Papà Elio. I titoli nazionali in famiglia non mancano di certo  dal tempo dell’indimenticabile Nonno Enzo Scuderi.
Tornando fra le giovani leve ecco Enzo Badami, reduce anche lui dalla buona trasferta di Ascoli, dove, per dare un saggio del valore della lotta siciliana, ben 5 sodalizi isolani hanno figurato nelle prime dieci posizioni della classifica a squadre

.http://www.palermoparla.it/it/vario/14/05/che_lotta_ragazzi

giovedì 19 marzo 2015

Judo - l'arte della cedevolezza


Il judo è un'arte marziale, uno sport che è diventato ufficialmente disciplina olimpica nel 1964, a Tokyo.
Il judo, considerato una filosofia giapponese, è una disciplina per la formazione dell'individuo dal punto di vista morale e caratteriale.
La parola judo è composta da due caratteri giapponesi (kanji): 柔 (, cedevolezza) e 道 (, via) e significa quindi via della cedevolezza, riferito alla forza nemica; ciò insegna che  il modo per vincere una forza nemica non è l'opposizione, ma il contrario, cioè sfruttandola e dirigendola per il proprio fine.
L'assecondare la forza nemica è un tema fondamentale nella cultura del guerriero samurai, che riprende uno dei concetti espressi nel buddhismo e nel "Libro dei Mutamenti" (Yijing) che afferma che l'universo è regolato da correnti di forza e che occorre incanalarsi in queste correnti applicando la forza minima necessaria ad ottenerne il controllo. Se ci si oppone a queste correnti di forza non si ottengono risultati perché si perdono energie.
Il fondatore del judo, Jigorō Kanō, dettò un codice morale che tende ad esaltare le otto qualità essenziali che il judoka deve raggiungere durante la pratica di questa disciplina:
  • L'educazione
  • Il coraggio
  • La sincerità
  • L'onore
  • La modestia
  • Il rispetto
  • Il controllo di sé
  • L'amicizia
Il judo ha origine dall'antico jujitsu; il fondatore Jigoro Kano studiò e approfondì diverse scuole di jujitsu arrivando ad ottenere il grado di maestro (Shihan) in due di queste, Tenshin shin'yo (specializzata in Katame waza, lotta corpo a corpo, strangolamenti, leve articolari) e Kito (specializzata in Nage waza, tecniche di atterramento al suolo).
Nel 1882, in quanto shihan di due stili potè fondarne uno nuovo, approfondendo il proprio metodo che prese il nome di Judo Kodokan, che significa: scuola dove si insegna la via della cedevolezza.
Questo avvenne in un periodo favorevole per il Giappone, infatti fino ad allora, per oltre mille anni, il potere era stato nelle mani dello Shogun (generale dell'esercito) e della classe sociale dei samurai, ma a seguito di alcuni eventi il potere imperiale riprese il comando, determinando per il Giappone l'inizio dell'era moderna.
Ci furono cambiamenti culturali nella vita dei giapponesi dovuti a influenze occidentali e ciò provocò un rifiuto per tutto quello che apparteneva al passato, come la cultura guerriera, di cui il jujitsu faceva parte, che scomparve quasi del tutto. L'uso delle armi da fuoco prese il posto delle antiche arti del combattimento tradizionale e le scuole di arti marziali (dojo) chiusero per mancanza di allievi.
Jigoro Kano, professore universitario di Inglese ed economia, con ottime capacità pedagogiche, capì l'importanza di unire lo sviluppo fisico e le capacità nel combattimento, per la crescita intellettuale dei giovani.
Inizialmente eliminò dalla disciplina tutte le azioni di attacco armato che potevano causare ferimenti gravi degli allievi.
Successivamente studiò e approfondì il Nage waza (tecniche di atterramento al suolo) ottenendo così un sistema di combattimento efficace e appagante.
Ma il vero e proprio cambiamento rispetto al jujitsu si ebbe con la formulazione dei principi fondamentali che regolavano la nuova disciplina: Seiryoku zen'yo, il miglior impiego dell'energia fisica e mentale e Jita kyo'ei, cioè tutti insieme per crescere e progredire.
Attraverso la pratica del judo l'uomo migliora sé stesso e contribuisce al miglioramento della società e questo è possibile solo con la partecipazione intelligente di tutti.
Lo scopo finale del jujitsu era il raggiungimento della massima abilità nel combattimento; nel judo l'abilità è il mezzo per giungere alla condizione mentale del "miglior impiego dell'energia".
Il judo fu considerato estremamente educativo e poteva, nello stesso tempo, essere utilizzato per difendersi dalle aggressioni, infatti nel judo si trovano due tipiche espressioni della cultura giapponese antica, Bun-bu, cioè la penna e la spada, la virtù civile e la virtù guerriera.
Nel judo sono contenute 3 discipline: rentai (cultura fisica), shobu (arti guerriere), sushin (coltivazione intellettuale).
Il judo ebbe una incredibile diffusione in Giappone e fu esportato nel resto del mondo da commercianti e militari e anche da maestri giapponesi, allievi diretti di Jigoro Kano, che lo fecero conoscere in Inghilterra e in Francia.
Jigoro Kano morì nel 1938, quando il Giappone stava entrando nella seconda guerra mondiale.
Dopo la sconfitta, la nazione rimase sotto il controllo degli USA per dieci anni e il judo fu censurato perché considerato uno degli aspetti pericolosi della cultura giapponese, infatti fu proibita la pratica di questa disciplina e i libri e filmati sull'argomento vennero distrutti.
Successivamente il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) reintegrò il judo fra le discipline sportive, tanto che nel 1964 a Tokyo è diventato ufficialmente disciplina olimpica.
Oggi spesso vengono meno i principi dettati dal Maestro Jigoro Kano, in quanto si tende ad insegnare agli allievi le tecniche che permettono di ottenere subito ottimi risultati nelle gare, tralasciando l'aspetto educativo della disciplina e l'insegnamento di un'adeguata base tecnica.
Per questo si sono costituite Federazioni Sportive che tendono, oltre a dedicarsi all'attività agonistica, anche a far riaffermare i principi espressi dal Maestro Jigoro Kano.
In Italia la federazione ufficiale appartenente al CONI è la FIJLKAM - Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali
Kano spiegò: “Costringi il tuo avversario a rendere il suo corpo rigido e senza equilibro, e allora, quando sarà senza aiuti, tu attacca”. Il maestro Iikubo rispose: ” Da ora in avanti, tu insegni a me”.

martedì 17 marzo 2015

Ignazio Fabra - il Campionissimo

Ignazio Fabra, l’Uomo che per due volte sfiorò il trionfo d’Olimpia conquistando, con due opinabili sconfitte, la fama dell’Invincibile (in carriera non fu mai atterrato); il lottatore italiano che, unico nella nostra storia, si cinse dell’alloro iridato; il Siciliano che visse nel silenzio in cui madre natura lo aveva imprigionato.

Nato a Palermo il 25 aprile del 1930 viene avviato alla pratica della lotta dallo zio Nino Calvaruso che conduce il ragazzo, ricco solo di una numerosa famiglia (nove tra fratelli e sorelle), presso la mitica Accademia Pandolfini affidandolo alle cure del Maestro, quel Vincenzo Scuderi che in seguito avrebbe fondato la Polisportiva che è intitolata al suo nome e che è condotta, con pari passione, dal figlio Elio e del nipote suo omonimo Enzo.

Alternando la greco-romana allo stile libero diviene subito protagonista. Vince il suo primo titolo assoluto non ancora ventenne nel 1950 a Pavia, replica l’anno dopo a Cagliari e nello stesso 1951 si afferma ai Giochi del Mediterraneo di Alessandria d’Egitto. Siamo intanto arrivati all’appuntamento olimpico di Helsinki 1952. La sua categoria è quella dei mosca, in cui l’Italia vanta il Campione Olimpico in carica Pietro Lombardi. Il Dt Tecnico della Nazionale Luigi Cardinale punta sul più giovane e schiera Lombardi fra i gallo. Chi in quegli anni segue lo sport con attenzione non può dimenticare la radiocronaca della finale olimpica, quando si affrontano per la medaglia d’oro l’azzurro ed il sovietico Boris Gurovetich.
Si alternano al microfono della RAI Vittorio Veltroni e Roberto Bortoluzzi. Fanno vivere da lontano lo sviluppo di un dramma sportivo in cui Ignazio Fabra, in vantaggio, male interpreta un segnale dei suoi tecnici Cardinale e Quaglia, va all’attacco e provoca la reazione dell’avversario che lo pone in ponte e che guadagna quel punto che gli dona la vittoria.
Fabra è però ai vertici del mondo. Continua ad essere protagonista in Patria (a fine carriera 10 titoli tricolori, di cui 7 in greco-romana a 3 in libera gareggiando inizialmente per i Vigili del Fuoco Caramanna di Palermo ed a fine carriera per l’Italsider, la casa di tanti lottatori) ed all’estero.
Nel 1955, ai Campionati Mondiali di Karlsruhe, batte sei avversari di fila di cui 5 per atterramento e compie un’impresa mai ripetuta dal suoi pur bravi successori in azzurro, quella di conquistare il titolo iridato.

Si presenta a Melbourne, nel 1956, come grande favorito. Giunge alla finale contro il russo Nikolai Solovyov in vantaggio di punteggio, ma lo tradisce una distorsione al ginocchio che non lo dissuade dal lanciarsi nella lotta ma che ne decreta l’impossibilità di affermarsi.
Per Ignazio Fabra altre due Olimpiadi (quinto a Roma 1960 e quarto a Tokio 1964); ancora due argenti ai Campionati Mondiali nel 1962 (a Toledo, in USA) e nel 1963 ad Helsingborg.
Vince nel 1969 a Belgrado l’”Olimpiade dei Silenziosi” ed, incredibilmente, lotta a mano a mano contro la sua impossibilità di comunicare con gli altri e lo fa con metodica applicazione per meglio seguire, quando si dedica all’insegnamento, i suoi allievi, fra cui c’è Giuseppe Bognanni, anche lui siciliano trapiantato nella accogliente Genova e come lui medagliato olimpico.
Dalla moglie Francesca Patuano ha avuto i figli Giovanni e Ketty; lo piangono insieme ai nipoti Matteo, Gabriel Elias e Ginevra. Lo ricorda tutto il mondo della lotta internazionale ed italiana i cui sentimenti sono espressi da Matteo Pellicone.
"Insieme a Vincenzo Maenza - ricorda il Presidente - Ignazio Fabra è stato il vero simbolo della Lotta a livelli addirittura sublimi. Sul piano tecnico fu un geniale innovatore, esprimendosi sempre con gesti di inimitabile spettacolarità; dal punto di vista tattico il suo unico credo era l'attacco continuo e senza calcoli, sempre battagliero sia che fosse in vantaggio che in svantaggio. E' stato un Grande, vero interprete moderno di uno Sport che è antico come l'uomo. Lo ricorderemo sempre così, uno splendido Campionissimo della Lotta.

La Lotta - la storia

La lotta è una delle più antiche forme di combattimento. Le origini della lotta possono essere fatte risalire fino a 15.000 anni fa tramite dipinti sulle pareti di caverne in Francia. Reperti archeologici babilonesi e egizi mostrano lottatori utilizzare gran parte delle tecniche note nelle attuali competizioni sportive. Nell'antica Grecia, la lotta occupava un posto rilevante nella leggenda e nella letteratura; vi sono riferimenti già nell'Iliade, nella quale Omero racconta di scontri di lotta avvenuti nel contesto della guerra di Troia fra il XIII e il XII secolo a.C.[1] Sotto certi aspetti brutali, la lotta greca era la disciplina principale negli antichi giochi olimpici. L'antica Roma attinse pesantemente dalla lotta greca, ma ne eliminò parte della sua brutalità e del suo carattere "sportivo" a favore di un approccio più orientato alla formazione psicofisica dei cittadini e dei soldati.
Durante il Medioevo, la lotta rimase popolare a livello regionale e venne patrocinata da molte famiglie reali, incluse quelle francesi, giapponesi ed inglesi. Tecniche lottatorie sono descritte nei manuali di arti marziali europee del Rinascimento, come mezzo di difesa personale integrante l'uso di tecniche di scherma. In oriente, invece, l'addestramento militare, come per esempio quello delle guardie imperiali cinesi o dei samurai, comprendeva l'uso di tecniche corpo a corpo in caso si fosse perduta l'arma, come nello shuai jiao o nel jujutsu. Forme di lotta tradizionale si sviluppano in numerose parti del mondo, dalla Scandinavia all'India.
Le prime colonie americane importarono una forte tradizione lottatoria dall'Inghilterra. I coloni trovarono forme di lotta anche fra i nativi americani. La lotta amatoriale fiorì attraverso i primi anni degli Stati Uniti e divenne un'attività popolare in fiere, festività, celebrazioni ed esercitazioni militari. Il primo torneo nazionale organizzato di lotto fu tenuto a New York nel 1888, mentre la prima competizione di lotta nei moderni Giochi Olimpici si tenne nel 1904 a Saint Louis.
Nel 1912 viene fondata la FILA o Federazione Internazionale delle Lotte Associate, ad Anversa. Recentemente è stata rinominata in United World Wrestling.
Nel corso del XX secolo si sono differenziate numerose nuove discipline sportive lottatorie (sia di tradizione occidentale, che orientale), come anche spettacoli puramente d'intrattenimento confluiti nel pro wrestling.
Attualmente la United World Wrestling, sotto la giurisdizione del Comitato Olimpico Internazionale, ha riconosciuto nell'ambito sportivo le seguenti specialità come stili internazionali ufficiali, stabilendone regole uniche e gestendone incontri sportivi a livello mondiale:
Lotta greco-romana

Lotta stile libero

Lotta femminile

Beach Wrestling

Pancrazio

Belt Wrestling

Esistono comunque numerosi stili folkloristici tradizionali che fanno parte della Lotta popolare, nonché alcune arti marziali e sport da combattimento vari basati sulla lotta.
Le tecniche di lotta possono essere suddivise in queste categorie:
  • lavoro in piedi: ha luogo quando entrambi i competitori sono in piedi ed utilizzano prese applicate alla parte superiore del corpo dell'avversario, per condizionarne il comportamento o effettuare determinate altre tecniche. Consiste in prese e controlli di polsi, gomiti, e nuca, opposizioni con il petto, cintamenti e così via. Il lavoro in clinch è generalmente usato per preparare o per difendersi da proiezioni, ma in certe specialità anche per poter colpire l'avversario più efficacemente, oppure per cercare poi di afferrare l'avversario in una sottomissione. La lotta greco-romana  è la disciplina del clinch per eccellenza.
  • Proiezioni: una proiezione è utilizzata dal lottatore per manipolare l'avversario (sbilanciandolo o sollevandolo) generalmente da una posizione in cui sono entrambi in piedi ad una al suolo, tutte prevedono comunque che l'esecutore mantenga una posizione di vantaggio o relativo controllo rispetto all'avversario. Lo scopo delle proiezioni varia a seconda delle discipline a volte enfatizzando il potenziale di incapacitare direttamente l'avversario con la caduta (in questo caso la schienata viene considerata KO e determina la fine dell'incontro), oppure indirizzando verso la possibilità di ottenere una posizione di controllo, per esempio per applicare una sottomissione. Si considera una proiezione anche quando il lottatore solleva il suo avversario e lo manovra forzatamente in aria verso il suolo, anche lanciandolo; se l'esecutore rimane in piedi e non segue l'avversario a terra, il lancio viene di solito definito slam, altrimenti throw secondo la terminologia inglese ma per la sua pericolosità è vietato in alcune discipline. Esistono anche sollevamenti e proiezioni applicabili da una posizione al suolo.
  • Immobilizzazioni e controlli: con questi termini si definiscono aspetti notevolmente differenti da disciplina a disciplina perché sono influenzate dalle finalità di ciascuna di esse in alcune un'immobilizzazione implica il trattenere un avversario da una posizione in cui non può attaccare, in altre comporta una vittoria immediata se mantenuta per un certo periodo di tempo, in altri invece è considerata inattività e può comportare la ripresa dell'incontro da una posizione libera (con eventuale sanzione per chi manteneva la staticità) ma può anche essere considerata una posizione di dominanza ricompensata con punti. Altre tecniche di controllo sono utilizzate per mettere faccia a terra l'avversario di modo da evitare che possa scappare o attaccare, oppure per mantenere una posizione di guardia da una situazione svantaggiosa come quando si è al di sotto dell'avversario. In questo senso un tipo di controllo viene detto turnover e viene usato per muovere e spostare un avversario che è pancia a terra o chiuso su sé stesso al fine di ottenere punti, preparare una presa o ottenere una posizione di maggior vantaggio.
  • Sottomissione: ne esistono di due tipi, le costrizioni e le manipolazioni. Alle prime appartengono tutte quelle tecniche che possono potenzialmente strangolare o soffocare l'avversario, le compressioni di muscoli o tendini sulle ossa, oppure in generale ogni tecnica che penetra o schiaccia punti sensibili (muscoli, organi, ghiandole). Alle seconde appartengono quelle tecniche che possono potenzialmente arrecare danno ad una giuntura o ad un'articolazione come torsioni, chiavi e soprattutto leve. In competizioni sportive, ci si aspetta che chi subisce una sottomissione tramite segnali verbali o gestuali (come il battere con la mano) si arrenda, ammettendo così la sconfitta poiché trattenuto in una presa da cui non può scappare. Chi viene sottomesso e si rifiuta di "battere" rischia la perdita di sensi o un serio infortunio. In ambito di polizia o di difesa personale, si possono applicare prese di sottomissione per bloccare un soggetto pericoloso o impedire la fuga di un criminale; in questo caso, più che di sottomissione, si parla in genere di controllo doloroso o presa da capacitanza dolorosa ("pain compliance hold"). Queste tecniche possono causare dislocamenti, strappi, fratture, perdita di sensi e persino morte.
  • Fughe: in senso generale, una fuga si ottiene muovendosi fuori da una situazione di rischio o da una posizione di inferiorità; per esempio quando un lottatore si trova al di sotto del suo avversario ma riesce ad uscire dalla posizione, oppure quando da terra riesce a rialzarsi, o quando sta per subire una sottomissione ma riesce a prevenirla e ad evitare la presa.
Ribaltamenti e spazzate: in genere occorrono quando un lottatore che si trova al suolo al di sotto di un altro riesce ad eseguire una mossa che gli consente di ottenere una posizione di vantaggio sull'avversario.

Momenti in palestra di divertimento misto ad allenamento.

Alcune recenti fasi dell'allenamento c/o la Palestra di Borgo Nuovo a Palermo sede dell'Accademia Scuderi con allenatore il Maestro Giovanni Li Causi. L'ambiente è rimasto molto spartano e informale, dove gli atleti si divertono e si forgiano. Riconoscerete sicuramente qualche giovane sportivo talentuoso che divertendosi si allena. Lo sport è sacrificio ma non dobbiamo dimenticare anche che è divertimento e relax.

Foto d'epoca Accademia Scuderi

In basso, il secondo da destra, in tuta scura è il giovane Vincenzo Scuderi, nipote del Maestro Benemerito Vincenzo Scuderi in alto a destra. Gli altri sono tutti giovani promesse che hanno fatto la storia del judo e della lotta.

lunedì 16 marzo 2015

Ritagli di giornale

Maestro Vincenzo Scuderi

Maestro Vincenzo Scuderi 1902-1993. Benemerito di lotta e judo, a soli 20 anni, nel 1922  a Trieste diviene campione d'Italia assoluto di lotta greco romana. Colui che ha portato la lotta e judo in Sicilia,di fatto,  tutti i maestri di lotta che esercitano nella Sicilia occidentale sono stati suoi atleti. Nel 1958 fonda l'Accademia Scuderi e nel 60 manda due atleti alle olimpiadi di Roma, Carlo Vitrano e Ignazio Fabra. Da allora fino ai giorni nostri la società ha acquisito varie benemerenze fra cui: Stella D'oro CONI, Stella D'oro FIJLKAM e Stella D'oro FILA (Federazione internazionale lotta amatori) ed ha forgiato campioni che hanno partecipato a varie manifestazioni internazionali.

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